L'ARCHETIPO DELL'ECCESSO | oltre il titanismo dell'Io

 

Fotogramma tratto dal docufilm "Imperfetto"
ideato e curato dalla dott.ssa Valeria Bianchi Mian in una comunità
per il trattamento delle tossicodipendenze (2007)

Articolo di Valeria Bianchi Mian

I Titani della mitologia greca sono sei, figli di Urano e di Gaia (Oceano, Ceo, Crio, Iperione, Giapeto e il giovane Crono che è a sua volta il più anziano tra i nuovi dei), ed è proprio da Crono/Saturno che si generano gli dei olimpici. In Esiodo i Titani sono protagonisti della Titanomachia, nella quale si racconta la lotta di Zeus e degli altri dei dell’Olimpo contro i giganti titanici per la conquista del trono celeste: il conflitto termina con la sconfitta dei figli di Urano che precipitano nel Tartaro.
Dalla Enciclopedia Treccani: Titanismo = atteggiamento di ribellione contro tutte le forze superiori (divinità, destino, natura, potere dispotico ecc.) che dominano l’uomo e ne opprimono gli slanci vitali e la libertà stessa. Rappresenta una tendenza fondamentale dell’anima e della poesia romantiche. Essenzialmente pessimistico, il Romanticismo concepisce l’uomo come perennemente in lotta contro forze prevaricanti: contro i potenti, i ‘tiranni’ (V. Alfieri, F. Schiller); contro la società, con le sue leggi e le sue convenzioni morali (G. Byron); contro la natura stessa dell’uomo, che vincola i suoi slanci vitali (G. Leopardi). A queste forze potenti e avverse i più soccombono senza lottare, gli uomini di eccezione (nel clima preromantico dello Sturm und Drang nasce il concetto e la parola di superuomo) si ribellano, pur consapevoli di essere destinati alla sconfitta. Da ciò la fortuna di alcuni miti poetici (Prometeo, Satana) che percorrono il ciclo romantico presso tutte le letterature. (Treccani on line)
Da un mio scritto sul tema del Titanismo al femminile:
"Se una persona continua a vedere solo giganti, vuol dire che guarda ancora con gli occhi di un bambino",
scrive Anais Nin a proposito di Henry Miller e del suo modo di rapportarsi a June Miller, moglie sensuale e irrequieta dello scrittore.
Quando la donna è immensa, l'uomo diventa un essere microscopico, il figlio della Grande Madre ancora addormentato nell'abbraccio.
I seguaci del "Grande Femminino" invocano un mondo materno ideale proiettando paure e desideri sulle donne che si fanno ciclopiche nell'immaginario e prive di valore nella vita reale. Il nano e la gigantessa chiudono insieme il cerchio matriarcale, firmando un diabolico patto.
Nella prospettiva di sviluppo della coscienza secondo Erich Neumann, la Madre viene dal "caos" e il Padre procede da lei oltre la fusione con la notte inconscia percepita comunque come "qualcosa di materno". La coscienza centrata sull'Io e il patriarcato come cristallizzazione di valori maschili solari che sull'Io si fondano sono un prodotto derivato per opposizione e distacco dall'iniziale fase di autoconservazione e fusione indivisa. La "conquista di sé" da parte del maschio è lotta eroica fuori e contro il primo regno, un'istituzione di fortezze egoiche sul territorio antico dell'unione, fino alla presa di potere sull'Altro - sull'inconscio, sulla terra, sulla donna. Lo stadio del Potere è è il primo passo nella manifestazione del principio fallico maschile e dell'Animus nella donna; il valoroso guerriero del sole, però, così come l'uomo che si consacra figlio perenne, mirano entrambi al possesso del cerchio. Le loro gesta sono un sacrificio che li porta a morire in onore della Madre magnificata, "a causa" o contro di lei.
Baudelaire ha dedicato incubi e liriche alla propria amante, la Venere nera Jeanne Duval, facendone una serpe vampiritica in danza oscillante tra l'orrore che sapeva suscitare nel poeta a l'irrefrenabile passione che lo legava a lei. Proiettando il drago del tormento materno sopra una donna in carne ed ossa, Baudelaire ha creato un perverso mostro lascivo, mai sazio di vizi e morte; sembra che Jeanne fosse una bellissima mulatta bisessuale della quale il poeta , ventenne, si innamorò dopo averla veduta in un teatro del quartiere latino.
Donna "intellettualmente sprovveduta, probabilmente analfabeta, del tutto priva di scrupoli", Jeanne era l'involucro perfetto per essere rivestito dei sogni più fatali e delle sproporzioni che ne fecero la M(ed)usa ispiratrice di un eccelso poeta maledetto. All'immagine di lei Baudelaire vendette l'Anima, guadagnandosi il proprio diavolo personale.
E la donna reale?
Jeanne Duval ottenne l'immortalità nell'arte del suo cantastorie e più di quattordici anni di ossessioni, passione e disprezzo, una casa, amorevoli cure in vecchiaia e malattia.
Anais Nin, a proposito dei personaggi nei libri di Miller, scrive: "sono sempre di grandi dimensioni, sia che si tratti di tiranni o di vittime, di uomini o di donne."
June è il gigante che solo Anais può riportare alla dimensione giusta, perché Henry " ha sacrificato June" inventandola, e "l'ha usata come un personaggio di cui aveva bisogno per creare (creazione di una donna crudele perché ha bisogno di dolore e violenza per riuscire a creare, oppure perché gli piace essere vittima di una donna, non lo so). Dice che è affascinato dal male, ma tutto quello che fa è castigare June ", dividendola a metà e ingigantendone l'aspetto oscuro.
"Ora June se ne sta davanti al cumulo degli scritti di Henry e non sa dire se è una prostituta, una dea, una criminale, o una santa".
Quando il figlio o l'eroe si impossessano della donna sotto forma di dettami dell'Animus e dall'inconscio lavorano per fare di lei un culto, la loro alleanza con l'Ombra nera rende vincente un unico ruolo, quello di attrice titanica e fatale, il solo modo per rapportarsi all'uomo senza soccombere, nella prospettiva di una lotta all'ultimo sangue tra Venere meretrice e il freddo, distante Saturno, oppure di un rabbioso braccio di ferro con Marte nel suo aspetto demonico di zolfo nero.
Lui si quieta nell'abbraccio, è il "vir a foemina circumdatus". "Quando l'uomo giace nel suo grembo, la donna è compiuta",
scrive Anais; egli può giacere nel suo grembo e poi nascere
"ogni volta rinnovato, con il desiderio di agire, di ESSERE. Per una donna il compimento non è nella nascita, ma nel momento in cui l'uomo riposa dentro di lei."
E che sia eterno cullarsi di uomo-figlio in ninna nanna o riposo del guerriero tra una battaglia e l'altra, è lei a nutrirsi della fusione, a crescere nella sicurezza del dominio, salvo poi ritrovarsi aggrovigliata nelle reti di un patto diabolico, spauracchio di un nano e condannata per vivere a spossare lo sposo e fargli paura.
Bramando ciclopiche femmine nel miraggio di battaglie contro mulini a vento, il Logos di potere si avvinghia sempre più strettamente alla notte materna in una gotica, macabra danza con la morte.
il Titano Selene...
... sopra il giovane Endimione, "colui che 'ritrova se stesso dentro' , circondato dalla sua amata, come avvolti in uno stesso manto".
Nell'analisi del mito da parte di Rafael Lopez-Pedraza, il titanismo è visto come "l'archetipo dell'eccesso" rivolto all'esterno, ma la possibilità virginale e creativa di ritrovarsi dentro (anche se data dall'eccesso di chiusura in sé) sperimentata dal bell'Endimione nel suo "dormire con Selene" si discosta dall'aspetto più propriamente titanico che è esagerazione verso l'esterno.
Alchemicamente, il "vir a foemina circumatus" è lo stesso principio maschile che dall'interno del cerchio si librerà e libererà per liberare la sua femmina al termine dell' "opus"; ritrovarsi dentro può voler dire allora capacità di comprendere i messaggi del Sé per realizzarli poi attraverso la voce rinnovata dell'Animus creativo.

IL RIPIEGAMENTO ALL'INTERNO COME CURA DEL TITANISMO...
C. Baudelaire, I fiori del maleXIX La gigantessa (pag. 103 ) La poesia è del 1843.
A. Nin, Diari, vol. I
J. Hillman, Saggi sul Puer ( pag. 113 seg. La gran madre, suo figlio, il suo eroe e il Puer)
E. Neumann, La psicologia del femminile (pag.9 seg.)

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